Boom metalli: evento momentaneo o nuovo Superciclo?

Il boom dei metalli e delle materie prime: un evento momentaneo o un nuovo Superciclo?

Il 2020 si è chiuso con importanti aumenti di prezzo del comparto delle materie prime.

Secondo i dati di Confapi, dal minimo toccato lo scorso 23 marzo 2020, l’indice Lme – che raggruppa gli andamenti dei metalli non ferrosi – ha chiuso l’anno con un ricarico del 52%, trainato in particolare dal rame (+47%), dal nichel (+51%), dallo zinco (+51%) e dall’alluminio (+26%).

Questa tendenza, che si pensava erroneamente terminasse a conclusione dell’anno, è in realtà continuata all’inizio del 2021 con un rialzo repentino dei prezzi, toccando un aumento generalizzato del 15%.

Particolare attenzione sta richiamando la situazione nel settore dell’acciaio, sia per ciò che concerne le materie prime sia per il semilavorato.

Il ferro infatti ha chiuso il 2020 con un rialzo di oltre il 70% rispetto ai minimi di marzo 2020 per effetto della domanda delle infrastrutture cinesi. Stessa accelerazione si registra anche per il rottame ferroso, aumentato del 68%.

L’aumento dei prezzi delle materie prima siderurgiche ha così aperto la strada ad importanti aumenti di prezzo da parte dei produttori di laminato, tanto che il prezzo dei coils a caldo, in Italia, è passato dai 370€ per tonnellata dello scorso giugno agli attuali 1000€. Stesso discorso vale per il settore dell’inox, con la lega 304 che passa dai 1900€ per tonnellata registrati nel secondo trimestre 2020 agli attuali 3000€. Un aumento pari a circa il 158%.

L’aumento dei supplementi di lega è una componente automatica dei prezzi dell’acciaio inossidabile e, ovviamente, riflette le variazioni del costo del ferro e del nichel. Questi aumenti vengono a loro volta trasferiti direttamente al consumatore e sembra che i supplementi rimarranno elevati, se non aumenteranno ulteriormente, per tutta la prima metà di quest’anno

L’industria cinese

Non mancano poi di pesare le scelte della maggiore manifattura al mondo, quella cinese.

⟪La Cina – dice Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza T-Commodity – ha assorbito quattro milioni di tonnellate di rame. Se consideriamo che bastano 200 tonnellate per muovere il prezzo, è evidente la portata di questo intervento. Pechino sta seguendo una politica che disincentiva l’esportazione delle sue materie prime mentre continua a sostenere l’export di prodotti finali⟫. In altre parole, la metà dell’acciaio utilizzato nel mondo è consumato in Cina.

Il risultato di questo intreccio di circostanze ha portato all’aumento del prezzo di tutto: rame, nichel, litio, palladio, minerali ferrosi, alluminio, legname, prodotti agricoli, mangimi.

Quanto tutto questo durerà, dipenderà dalle chiusure di attività legate alla pandemia e all’andamento delle politiche di stimolo e di investimento dei governi.

I cambiamenti strutturali nell’economia e le conflittualità geopolitiche pongono però domande circa l’andamento dei prezzi sulle materie prime, i quali potrebbero restare alti fino a un nuovo equilibrio a termine di questo ipotetico nuovo Superciclo.

Il Superciclo del 2011

I Supercicli delle materie prime sono periodi di un decennio in cui le materie prime vengono scambiate al di sopra della loro tendenza di prezzo a lungo termine.

I Paesi BRIC

L’ultimo Superciclo può essere riassunto nell’acronimo BRIC: Brasile, Russia, India e Cina rappresentavano all’inizio del millennio 2.6 miliardi di persone, ovvero il 40% della popolazione mondiale. I Paesi BRIC si trovavano in un periodo di rapida industrializzazione che richiedeva una richiesta di materie prime senza precedenti. Il ciclo ha avuto una durata di circa 10 anni: ha mostrato i primi segni di rallentamento quando la grande crisi finanziaria e la successiva crisi dell’euro hanno turbato i mercati nel 2008 e nel 2011. Si è arrestato definitivamente quando l’economia cinese si è raffreddata nel 2015.

La crisi del dollaro

Questo Superciclo è stato inoltre supportato da un dollaro in costante erosione: la moneta era in fase di deprezzamento dopo lo scoppio della bolla dot-com nel 2001. Ha toccato livelli record nel 2008 ricominciando ad apprezzarsi fino all’inizio del Covid-19 nel marzo del 2020. 

Perché ora si sta nuovamente indebolendo? La Federal Reserve si è unita ad altre banche centrali per sostenere l’economia statunitense. Un dollaro debole però alimenta spesso prezzi delle materie prime più elevati: le materie prime sono quasi sempre valutate in dollari statunitensi. Per compensare i maggiori costi di produzione in valuta locale, i produttori hanno spesso bisogno di adeguare i prezzi aumentandoli.

D’altra parte, un dollaro debole comporta un prezzo per le materie prime più economico per una nazione importatrice, portando ad un accrescimento della domanda.

L’ipotesi del nuovo Superciclo dei prezzi delle materie prime

L’idea di un nuovo Superciclo è ulteriormente supportata dalla domanda repressa che potrebbe scatenarsi una volta che le economie ripartiranno: e molti credono che i governi non abbracceranno le stesse politiche di austerità che hanno applicato dopo la grande crisi finanziaria.

Questa situazione è ulteriormente aggravata da una forte domanda di semilavorati a livello globale e la contemporanea diminuzione del 15%, a livello europeo, della produzione siderurgica: due elementi che messi insieme hanno caratterizzato l’impennata dei costi delle materie prime.

Se nel Superciclo di dieci anni fa il boom dei prezzi fu causato dalla voracità dell’economia cinese in crescita e dalla debolezza della moneta statunitense, questa volta le ragioni sono decisamente più complesse ed è difficile prevedere se questi aumenti saranno di breve durata o prenderanno le caratteristiche di un vero nuovo Superciclo.

Secondo Gianclaudio Torlizzi, per ciò che riguarda i metalli siamo probabilmente di fronte a un Superciclo rialzista. In questo caso infatti i prezzi beneficiano delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, le quali comportano ampio uso di metalli come il nichel, il rame, l’alluminio e l’argento. Parallelamente ci sono le chiusure degli impianti altamente inquinanti e una conseguente minor offerta dei metalli lavorati.

Tutto questo senza considerare la pandemia: i lockdown legati ad essa hanno fatto calare la produzione di materie prime, che al tempo stesso però erano particolarmente richieste per la produzione di prodotti domestici, quali lavatrici e computer, portando le filiere ad entrare in crisi.

Da qui i lunghi tempi per l’accaparramento di acciaio a livello mondiale e il relativo aumento dei costi a cui le aziende manifatturiere sono obbligate a far fronte.

Decarbonizzazione

Infine vale anche la pena di pensare alle implicazioni dell’elettrificazione e della decarbonizzazione su larga scala – qualcosa che 20 anni fa non era all’apice del dibattito pubblico. Se davvero stiamo passando a un’economia con un’intensità di carbonio inferiore, ciò nel lungo periodo potrebbe ridurre strutturalmente la domanda di combustibili fossili.

Dall’altro lato sarebbe pericoloso sottovalutare la domanda dei mercati emergenti – Africa e Sud-est asiatico tra tutti -, dove la crescita della popolazione da sola potrebbe portare ad un aumento dell’appetito di combustibili fossili.

Ci sono inoltre da considerare le nuove politiche green: in Unione Europea, dei 1.8 triliardi di euro il 30% sarà dedicato alla lotta al cambiamento climatico. Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden sta preparando una proposta da 3 trilioni di dollari destinata a progetti infrastrutturali per contrastare i cambiamenti climatici.

Il settore privato, di conseguenza, sta seguendo l’esempio: le case automobilistiche americane ed europee promettono di smettere di costruire veicoli con motore a combustione entro il 2035 e probabilmente ulteriori impegni verranno presi nei mesi che portano alla Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Glasgow in Scozia nel mese di novembre.

Di fronte a questo aumento della domanda, alcuni rialzisti ritengono che l’offerta potrebbe non essere in grado di tenere il passo, con un mercato completamente nuovo per metalli come il cobalto, il litio o il solfato di nichel utilizzati nelle batterie dei veicoli elettrici.

Superciclo o aumento congiunturale?

I Supercicli delle materie prima non sono molto frequenti. Risalendo a un secolo fa possiamo rilevare solo tre o quattri Supercicli, ognuno legato a periodi di grande trasformazione dello sviluppo economico: la rapida industrializzazione degli Stati Uniti nel 1910, la reindustrializzazione della Germania e del Giappone dopo il secondo conflitto mondiale (1950) e la suddetta crescita dei Paesi BRIC nei primi anni 2000.

Molti dei punti di cui sopra sostengono l’idea di un nuovo Superciclo a partire da ora, ma è ancora troppo presto per dirlo.

Sicuramente questo trend continuerà ancora per un po’, considerando che Il Bloomberg Commodity Index si porta ai massimi dal 2012 dopo un progresso nell’ordine del 8,7% il mese passato, registrando il rialzo più significativo da agosto, e ⟪sembra che le aspettative siano per una prosecuzione del movimento rialzista che non trova opposizione neanche in seguito al recente rialzo del dollaro, solitamente avverso al prezzo delle materie prime⟫, come afferma  Michael Palatiello, Ad e Strategist di Wings Partners Sim.

⟪Per dare una idea di quanto radicato sia questo movimento ascendente, che coinvolge energia, metalli e agricoli, basti pensare che la backwardation sulle quotazioni, ovvero il premio che il mercato paga per averle nel breve termine (in prospettiva di una carenza delle stesse) si è portato recentemente ai massimi da oltre 14 anni⟫, conclude Palatiello.

Ad ogni modo possiamo considerare con buona approssimazione che per quel che riguarda i metalli, l’ipotesi di essere all’inizio di un Superciclo rialzista potrebbe essere realistica.

Ti è piaciuto l’articolo? Condividilo con la tua rete: